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Il grande Porto. Dalla terra alla vigna, la Denominazione di Origine (terza parte)

Il grande Porto. Dalla terra alla vigna, la Denominazione di Origine (terza parte)

Proviamo a dare corpo alla storia del Porto raccontata in precedenza calandola nel suo pittoresco contesto geografico. I 250.000 ettari che dal confine con la Spagna arrivano fino al comprensorio della città di Mesao Frio affacciandosi sul bacino imbrifero del Douro, formano l’omonima zona vitivinicola a Nord Est del Portogallo. Un incantevole paesaggio, esempio significativo di viticoltura di montagna in Europa, è conferma alla qualità della pratica che i romani adottarono più di duemila anni fa di piantare le viti lungo i fianchi della collina sfruttandone le migliori condizioni e riservando le terre a valle per le altre colture.

Nel 2001 l’UNESCO elegge il Douro a Patrimonio dell’Umanità riconoscendo l’inestimabile valore di questo luogo profondamente trasformato dall’uomo in file e file di terrazze e muretti che ricamano gli impervi declivi. Prima della piaga della fillossera, apparsa nella regione per la prima volta nel 1862, i vigneti erano impiantati su piccole terrazze irregolari scavate nella roccia e sostenute da muretti di pietra costruiti a mano per contenere la terra di riporto con cui venivano riempite, i geios. Stretti si inerpicano lungo la collina come fossero i gradini di una piramide, riuscendo a contenere solo uno o due filari di vite. L’arrivo della fillossera fu devastante e i geios si trasformarono in mortorios; su di essi la vite perì sotto gli arbusti oppure fu estirpata per far posto agli uliveti. Quest’opera titanica rappresenta una preziosa testimonianza delle arcaiche pratiche colturali della valle, tanto che in quelli più vecchi è possibile vedere ancora tracce dei pilheiros, grossi buchi praticati nei muretti nei quali alloggiavano le viti per lasciare il terreno libero ad altre coltivazioni.

il porto 3Considerato l’alto costo per la costruzione di queste terrazze i geios furono presto soppiantati negli anni ’60 e ’70 dalle patamares o piattaforme, terrazze ritagliate nella montagna con moderni macchinari di movimento terra. Queste non sono supportate dai muretti in pietra ma da alti terrapieni. Relativamente poco costosi, più veloci da costruire e più larghe tanto da poter ospitare più filari di viti con maggiore densità di impianto, ma non prive di fascino, le piattaforme rappresentano il moderno volto del Douro. Non sono tuttavia prive di problemi come quello dell’erosione del suolo se non costruite con una certa sensibilità. Dove le accidentali pendenze lo permettono si è sviluppato un altro metodo di terrazzamento, la vinha ao alto, il nostro ritocchino per intenderci, per cui la vite viene piantata perpendicolarmente al fianco della collina. Moderne tecniche di drenaggio che limitano i fenomeni dell’erosione hanno consentito agli impianti più moderni di svilupparsi così verticalmente su pendenze anche fino al 30% riuscendo a ricavare lo spazio necessario per parziali lavorazioni meccaniche. Nella Valle del Douro la roccia non è mai lontana dalla superficie, spesso sporge dal terreno tra i filari come le mani di giganti sotterrati. Non è così infrequente l’uso di dinamite per poter creare un punto d’appoggio sui pendii ed in molti siti i vigneti crescono in non più di mezzo metro di terreno e devono spingere le loro radici verso il basso attraverso le crepe e le fessure nella roccia per raggiungere l’acqua che si trova in profondità sotto la superficie.

La regione è suddivisa in tre sottozone distinte per fattori climatici e socio economici, Basso Corgo, Cima Corgo e Douro Superiore, partendo da valle risalendo fino al confine spagnolo. Anticamente la vite veniva coltivata solo nell’Alto Douro, così chiamata la zona formata dal Basso e dal Cima Corgo prima della riforma amministrativa del 1936. I pochi ma eccellenti vini del Douro Superiore, si affacciano alla notorietà solo molto più tardi a seguito della bonifica iniziata nei primi del ‘700 del Cachão Valeira, una impervia gola sul fiume Douro formata da lastre di granito che impediva la navigazione del fiume tagliando fuori la zona dalle pratiche commerciali e dal conseguente sviluppo economico. La struttura agraria riflette la particolarità del territorio con 33.000 viticoltori che lavorano in media un ettaro di vigna a testa, piccole quintas che fanno grande la qualità del Porto. Solo nel Douro Superior le proprietà hanno dimensioni maggiori.

pregaminIl suolo della zona della Denominazione del Porto, in particolare quella lungo la valle del fiume e dei suoi affluenti, risale all’era geologica dell’Ordoviciano datata 485,4 milioni di anni fa, composta da un complesso di ardesia, rocce metamorfiche (scisto) ed inclusioni di una formazione granitica precedente e si dividono in due gruppi fondamentali. Il primo è formato dai suoli con uno strato variabile di terra coltivabile prima di incontrare la roccia granitica e suddivisi ulteriormente a seconda della acidità o della prossimità alla neutralità del pH del terreno. Sono in pratica tutti quei suoli che l’uomo ha plasmato in terrazze anche prima delle piantagioni della vite, quelli per i quali la disgregazione forzata e la movimentazione ha profondamente modificato la morfologia originale. Gli interstizi della roccia scistosa conserva una certa quantità di umidità, che a volte basta per permettere alla vite di prosperare in condizioni di aridità dei periodi estivi quando la temperatura può arrivare oltre i 40°C.

Al secondo gruppo invece appartengono tutti quei suoli per cui l’azione dell’uomo è stata più lieve per forza di cose e le modificazioni minori conservando così il profilo originale. Questi si distinguono in tre altri gruppi:
  • I leptosuoli, non occupati dalla vigna, con uno strato di terra inferiore a 30 cm seguito poi da roccia, suddivisi in acidi e ricchi di materia organica;
  • I suoli cambici formati da uno strato di terra superiore ai 30 cm anche questi acidi e ricchi di materia organica;
  • I suoli Alluvionali formati dalla sedimentazione in superficie di detriti lasciati dai corsi d’acqua. Questi formano un gruppo molto ristretto e concentrati principalmente nella valle di Vilariça.

potaturaLa particolarità della Valle del Douro e la sua perfetta vocazione alla viticoltura è dovuta anche alla sua ubicazione. Una grande influenza dal punto di vista climatico la si deve alle valli profonde scavate dal fiume e alle montagne del Marão e del Montemuro che fungono da barriera ai venti umidi che spirano da est. Qui gli inverni sono freddi e le estati secche e calde; la parte nord del fiume è più calda poiché influenzata dai venti secchi del sud mentre la parte sud è meno esposta al sole e quindi più umida e fredda. Tutti questi fattori così favorevoli allo sviluppo della vite hanno permesso che la viticoltura fosse una delle principali attività economiche della zona.

La coesistenza di diverse tipologie di vino di qualità ha posto tuttavia la necessità di un sistema di classificazione per la quantità di mosti prodotti, tanto che solo 26.000 ettari sul totale piantato sono autorizzati alla produzione di vino Porto. Il sistema di classificazione utilizzato è detto del “beneficio”, ideato dall’agronomo Alvaro Moreira de Fonseca nel 1948, e non fa altro che attribuire un punteggio al vino prodotto annualmente (di solito tra il 35% e il 65% della produzione totale della regione) seguendo una scala qualitativa, cha va da A a F, determinata da parametri quali esposizione, altitudine, declivio, sistema di conduzione del vigneto, tipi di uve, suoli ed altro. Organo preposto al controllo è la Casa do Douro. Il Porto così beneficiato deve poi essere approvato dalla “Camera de Provadores e la Junta Consultiva” istituita la prima volta nel 1822 e sancita per legge nel 1934 gestita dall’Instituto dos Vinho Do Porto. Questo organismo oltre a verificare ed approvare tutti i vini che dalla zona di produzione che vengono portati nel “Entreposto di Vila Nova de Gaia” -zona di elaborazione, maturazione e affinamento di tutti i vini a DO Porto- analizza i vini finiti pronti per il commercio secondo le loro qualità definite dalle menzioni speciali posti in etichetta. Il loro assenso definitivo è configurato nel rilascio del “sigillo di garanzia” una fascetta numerata che verrà apposta sul collo della bottiglia (simile alla nostra DOCG).

Uno degli attributi della valle del Douro è la ricchezza dei differenti vitigni tradizionali. Le ragioni sono in parte storiche ed in parte legate alla topografia della regione, la scelta dei diversi tipi di vite corrisponde alle diverse condizioni di crescita che determinano risultati migliori per la qualità e lo stile del Porto. La base ampelografica è quindi piuttosto ampia considerato che per la produzione sono ammesse 76 varietà (tuttavia restano 29 quelle consigliate, 15 per i rossi e 14 per i bianchi). I vigneti sono condotti tradizionalmente in forme basse ed utilizzano un sistema di allevamento a doppio Guyot. Ci sono anche forme più antiche come il Ramadas ma non è ammessa per la produzione del Porto. La conduzione è tendenzialmente convenzionale considerata la difficoltà di qualunque tipo di operazione sulle terrazze.

touriga nacionalLa produzione prevede un rendimento massimo di 55 ettolitri / ettaro (circa 7.500 Kg. / ettaro); la media è di circa 30 hl / ettaro (4.100 Kg. / ettaro). Le uve? Citiamo solo quelle utilizzate oggi negli uvaggi principali che sono:
  • La Touriga Nacional è l’uva qualitativamente migliore della regione con rese bassissime, solo 1,5 kg/ pianta, ricca di sostanze aromatiche e acido malico, dà vini molto fruttati, profondi, resistenti al tempo e con eccellenti tannini;
  • La Touriga Francesa è quella invece più abbondantemente coltivata. Matura molto velocemente, produce vini molto aromatici valorizzandone intensità olfattiva e la struttura ma si ossida molto facilmente;
  • La Tinta Roriz, conosciuta in Spagna come Tempranillo, resiste molto al caldo, ha rese elevate ma incostanti, dona quegli accenni resinosi contribuendo alla formazione della struttura tannica del Porto oltre che eleganza e complessità nel tempo;
  • La Tinta Cao è il vitigno meno piantato tra le varietà elette a causa delle sue basse rese ma ha un corredo aromatico complesso, scarico di colore ma con elevato contenuto zuccherino. Da essa si ricavano vini di lunga durata con buona acidità e una consistenza vellutata, a volte può sembrare austero da giovane ma è in grado di sviluppare grande finezza con l’età;
  • La Tinta Barroca produce vini succulenti, profumati, dolci, morbidi e rotondi al palato. Le uve sono le più ricche di antociani e di tannini e quindi forniscono più colore e struttura, spesso associato ai vini più tannici ed austeri. Di solito è posizionata nelle parti più fredde o più ombreggiate del vigneto per moderare la sua capacità di produrre una grande quantità di zucchero in anni caldi.

La vendemmia, neanche a dirlo, è tutta manuale. E il vino? Stay tuned…

(Se vuoi leggere la prima parte dell’articolo clicca QUI mentre per la seconda parte questo è il link). Se vuoi proseguire nella lettura ecco la terza parte!

Pia Martino

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